UN PADIGLIONE ALL’INSEGNA DI UN HASHTAG SPECIALE
#SLOWLIFE
IL PROGETTO HA RICEVUTO IL PATROCINIO DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Recuperare la dimensione del tempo, questa è l’unica, vera ricchezza per l’uomo del XXI secolo. Un valore che può essere raggiunto solo ricollegandosi alla ciclicità della natura, imparando a ritrovare il nostro ritmo interno. Cavalli a Roma, consapevole di questi bisogni emergenti, presenta ai visitatori un percorso culturale attraverso quegli elementi narrativi che per geografia, tradizione e tipologia di lavoro hanno scritto la nostra storia.
All’interno del padiglione 5, etichettato con l’hashtag #slowlife, saranno le narrazioni dei numerosi protagonisti a sviluppare nuove vision attraverso una serie incontri con tecnici e operatori, momenti di riflessione e percorsi didattici nei quali si affronteranno i temi inerenti la relazione uomo-cavallo e, soprattutto, attraverso la presentazione di storie vere, affascinanti testimonianze del patto sancito nella notte dei tempi.
Vivere a tu per tu con il cavallo può costituire un primo passo verso la conoscenza della tradizione di un territorio, dei suoi equilibri naturali, delle sue regole di vita. Ecco, allora, che l’equiturismo diventa ecoturismo.
L’uomo torna a rapportarsi con la natura, dialogando con essa, con discrezione, stupore e meraviglia prendendosi il tempo di osservare e conoscere. Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia conserva ancora un numero notevole di razze e popolazioni autoctone, molte delle quali riconosciute e protette dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).
La necessità di promuovere, tutelare e valorizzare le biodiversità equine ha molteplici ragioni. Prima tra tutte, l’esigenza di preservare un patrimonio genetico che è espressione di una selezione naturale di rilevante valore biologico, avvenuta in modo spontaneo come prodotto dell’adattamento del cavallo al territorio che nessuna sperimentazione, per quanto avanzata, potrà mai riprodurre. È noto come la storia e la cultura del nostro Paese costituiscano il risultato di un lungo e complesso processo nel quale popoli i più diversi e distanti nel tempo e nello spazio – Greci, Etruschi, Fenici, Romani, Unni, Longobardi, Arabi, Normanni, Spagnoli, solo per citarne alcuni – hanno riversato costumi, valori e tradizioni. Parlare di razze autoctone significa inoltrarsi nella nostra storia, nella nostra civiltà, nel nostro ambiente geografico. I cavalli che abbiamo allevato per secoli sono il prodotto di un crocevia di incontri culturali e esigenze ambientali mirati a soggetti equilibrati, resistenti e frugali.
In Italia il fenomeno della relazione uomo-cavallo (ma anche asino e mulo) ha riguardato, fino alla prima metà del Novecento tutte le regioni. In alcuni casi, come in Piemonte, nelle aree alpine e nelle Venezie sono stati gli usi bellici e i fasti della cavalleria a legare principalmente uomini, cavalli e muli. Altrove, la convivenza è stata indotta dall’impiego nei lavori in agricoltura, come nel caso di tutto la dorsale appenninica, della Sicilia, della Liguria e della Sardegna. Nelle zone di pianura erano sviluppate le pratiche legate al trasporto su carri e carrozze e non si può dimenticare il ruolo della cavalcatura per la conduzione del bestiame nelle aree vocate all’allevamento brado, in particolare quelle del Lazio e della Toscana. Negli ultimi dieci anni l’allevamento del cavallo ha subito un processo di riqualificazione, veicolando i concetti di ecosostenibilità e basso impatto ambientale. Inserito fin dagli anni Novanta nelle misure dei Piani di Sviluppo Rurale, vanta oggi una scia di appassionati che non perdono occasione per valorizzarlo nelle sue “modalità originarie”: il cavallo da lavoro che per secoli ha affiancato l’uomo nella vita quotidiana e da sempre ne ha costituito il valore aggiunto grazie al concetto primordiale di binomio, inteso come feeling e collaborazione.
Nelle vigne, dal trasporto alla ranghinatura e all’aratura in aree difficilmente gestibili con mezzi meccanici, nella gestione degli usi civici in zone inaccessibili, gli equidi restano una preziosa ancora di salvezza.
La naturale predisposizione verso l’uomo, la velocità nei movimenti, la capacità di manovra in spazi ristretti ne fanno una risorsa competitiva, a dimostrazione che, nel 2019, l’unica resistenza nell’impiegare i cavalli nel “lavoro” è quella mentale. Lavoro, peraltro, in senso ampio del termine, in quanto molte sono le razze in Italia che, proprio per la componente genetica di “collaborazione e interazione” con l’uomo, sono impiegate nelle delicate attività di riabilitazione equestre.
Le tracce di questa immensa biodiversità sono tuttora vive e operanti sul territorio. Parlare delle razze equine italiane non significa dunque riferirsi a reliquie viventi. Preservati dalla passione di tanti allevatori, questi cavalli, proprio per le caratteristiche di rusticità che li contraddistinguono, possono essere allevati in un regime semibrado, qualità che li rende primi attori nell’ambito di uno sviluppo agricolo sostenibile legato al rispetto dell’ambiente, al potenziamento della politica di sviluppo rurale, al benessere animale e ai prodotti di qualità. Inoltre, la selezione millenaria alla quale sono stati sottoposti li ha dotati di un carattere così equilibrato da farne ottimi soggetti per il turismo equestre.
L’Italia vanta una varietà territoriale che permette di portare avanti progetti di selezione apprezzati anche all’estero e, al contempo, di lavorare quotidianamente affinché la genetica, con tutti i miglioramenti a essa legati, non dimentichi le tradizioni che hanno reso grandi le nostre eccellenze nel corso del tempo.
Ciò di cui oggi, però, gli allevatori hanno bisogno è che questo patrimonio si trasformi in un circuito sostenibile, necessità che solo attraverso un’intelligente valorizzazione può trasformarsi in reale valore aggiunto. Ben si comprende, dunque, la grande portata di Cavalli a Roma 2019, che attraverso #SlowLife intende farsi promotrice di questa visione lungimirante e fulcro di un processo di sviluppo virtuoso, responsabile, rispettoso e sostenibile.
Per ogni informazione per eventuali contatti potete scrivere alla mail: passionecaitpr@gmail.com
Innovare non significa rompere con il passato, ma integrarsi ad esso, istituendo un valore di legame tra persone, luoghi, storie, oggetti ed avvenimenti che lo hanno definito.
I MIEI HASHTAG
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CONVEGNI IN CAMPO REALIZZATI DURANTE L’EDIZIONE 2019 DI CAVALLI A ROMA
